[Intervista 14-05-2006] Intervista a Fabri Fibra, presa dal giornale "Groove"

5 gen 2011 | |

Le parole che escono dalla bocca di Fabri Fibra sono armi ben affilate. Pungenti in ogni rima, si conficcano con veemenza nella testa degli ascoltatori. “Tradimento” è un viaggio nei pensieri di Fibra, tra quotidianità distorta e visioni inquietanti. Il contratto con una major non fa altro che offrire a Fibra una nuova e più ampia platea con cui confrontarsi, allargando i suoi orizzonti, rendendo più mirati e precisi i suoi obiettivi. La società e i rapporti personali sono visti criticamente dall’occhio cinico e spregiudicato di un rapper senza peli sulla lingua. Nelle musiche, a fianco di Fibra, ci sono suo fratello Nesli e Fish. Abbiamo parlato con lui del suo rap, di questo periodo della sua vita e della maniera in cui ha deciso di presentarsi al suo nuovo e più visto pubblico.

Come mai la scelta del titolo del disco, “Tradimento”?
Fibra: Ha un sacco di letture diverse già nella mia testa, non riesco a immaginare come verrà interpretato dagli altri. Dopo “Mr. Simpatia” la gente aspettava che io continuassi sulla stessa linea. Molti proprio si auguravano che io fossi ripetitivo e che cadessi nella trappola del banale. Invece ho tradito le loro aspettative. Molti pensano che abbia rinnegato gli ideali della mia musica, cercando anche di guadagnarci dei soldi. Il titolo quindi è provocatorio verso i preconcetti delle persone che pensano che la mia musica sia cambiata in questo periodo.
Ma non è un tradimento nei tuoi confronti…
F: No! Per me è solo un’evoluzione della maniera di vedere le cose. Il titolo spinge ad ascoltare l’album dall’inizio alla fine, per capire dove ho tradito!
Ci sono delle tematiche che si sono accentuate…
F
: Sono diventato molto più spaccone. È una maniera per non farsi mettere i piedi in testa in questo ambiente molto competitivo. Ma non voglio essere frainteso, la spacconaggine deve essere supportata da qualcosa di solido. Nel disco ho voluto affrontare anche molti argomenti seri, magari in maniera particolarmente formale, ma sicuramente non in modo superficiale.
Se in “Mr. Simpatia” la sua rabbia era rivolta contro persone ben precise, in questo disco te la sei presa di più con quello che sta a monte del tuo fastidio…
F
: A volte, per descrivere correttamente come si è fatti, bisogna scontrarsi con gli altri, coma fa la palla da bowling con i birilli. Dal caos che ne emerge, si capiscono molto meglio le posizioni delle persone. Così ho fatto con “Mr. Simpatia”, che mi è servito per farmi conoscere in maniera provocatoria. Mi sono dato un’immagine ben definita e ho tirato una bomba per avere attenzione. Adesso che ho l’attenzione su di me posso parlare di quello che mi interessa, ho cercato di dare un valore in più ai miei testi. Questo non vuol dire che nel disco ho parlato solo di cose importanti, visto che dentro c’è un po’ di tutto. Ci sono pezzi crudi, pezzi profondi e tanto intrattenimento. Io scrivo veramente tanti testi, poi quando mi trovo in studio a registrare, a seconda di come mi sento, aggiusto tutto. Ho sempre qualcosa di pronto, quindi registro tanto e poi scelgo quello che mi piace. La musica caratterizza il periodo in cui viviamo, nello specifico il rap ne sa descrivere bene alcuni aspetti.
Che cosa c’è di nuovo nel tuo rap in questo momento?
F
: Ho sempre scritto dischi in competizione uno con l’altro. Non sono mai stato fermo su un’unica maniera di fare rap, credo che l’evoluzione sia un concetto importante nella mia musica. Sono realmente un cultore della tecnica nel rap, tengo sott’occhio quello che succede in questo campo, sia in Italia che all’estero. Ovviamente cerco di esprimere anche concetti nuovi, insomma cerco di migliorare tutto il pacchetto a ogni uscita.
Pensi di avere esaurito tutte le tematiche che ti interessa trattare nei testi?
F
: C’è sempre qualcosa di nuovo da dire! Scrivere mi è sempre servito anche per risolvere i miei conflitti personali, infatti c’è un po’ di autoanalisi nei miei testi. Ci si trova sempre a ripensare ai proprio scazzi e rifletterci aiuta ad avere una posizione più critica. Ma questo processo non si esaurisce mai. Noi stessi cambiamo e molto spesso cambiano le persone che ci stanno attorno, la creatività risiede proprio in queste cose. Poi ci sono periodi della mia esistenza dove mi sento più al centro dell’attenzione, quasi osservato, mentre in altri momenti nessuno ti prende in considerazione. Questo passare dalla luce all’ombra è sempre una fonte di ispirazione.
Lo stesso è stato per il rap in Italia…
F
: Esattamente! Abbiamo passato periodi di anonimato totale, poi si è risvegliato l’interesse e improvvisamente tutti ci vogliono avere. Ora si tratta solo di mettere in mostra quello che già facevamo da un pezzo! Non è il momento di improvvisare strategie, basta saper fare bene quello che si è sempre fatto! Difficilmente qualcuno lo saprà fare meglio di noi. Per fortuna l’attenzione che c’è verso il rap in questo momento è solo superficiale, ma bada anche allo spessore della musica.
Tu hai fortemente voluto questa attenzione da parte della gente!
F
: Cerco di essere competitivo con tutti gli altri rapper della scena, per aiutare a tenere la cosa vivi.
È interessante la maniera che hai di studiare il rap, senza la necessità di farlo notare pesantemente nelle canzoni…
F
: Ho un po’ tralasciato il discorso dell’autoesaltazione, anche se, in maniera, ironica è sempre presente nella mia maniera di scrivere. La celebrazione dell’ego è una di quelle cose che rende l’hip hop un genere a se stante, lo contraddistingue da tutta l’altra musica. In Italia però non viene ancora percepito come un cliché, ma come arroganza. Con “Tradimento” ho cercato di raggiungere un target più ampio di persone, ricercando un linguaggio comprensibile a tutti. Per fortuna non sono stato censurato da nessun punto di vista, ho potuto esprimere liberamente le mie idee con le parole che ho trovato più consone.
Ci sono degli aspetti dei tuoi testi che non sono immediatamente comprensibili. A volte ci vuole una buona sensibilità per capire le sfumature…
F
: Ho semplicemente descritto quello che ho in testa, non quello che mi circonda. È una visione personale dei fatti che mi accadono, senza nessuna voglia di obiettività. Quando scrivo lo faccio nella mia stanza, dove c’è il mio mondo, voglio descrivere solo quello. È sempre il punto di vista che cambia radicalmente le carte in tavola. Lo stesso fatto raccontato in due maniere diverse genera sensazioni diverse. Tutti i giorni ci sono stupri e omicidi, eppure ogni volta ci stupiamo delle cose che accadono. Anche se si ripetono quotidianamente, sta all’abilità del cronista rendere la cosa interessante. Io racconto i fatti con la mia maniera di fare musica.
È quello che hai detto in “Cuore di latta”, no?
F
: Sì, ho cercato di riportare la storia di Erika e Omar in un’ottica particolare. Se si guarda la giornata dell’assassinio, tutte le cose che hanno fatto, a parte il raptus omicida, sono completamente nella normalità. Io ho voluto spiegare bene quei cinque minuti di delirio totale, trattando Erika ed Omar come due ragazzi della loro età, con i loro ragionamenti e le loro paranoie.
In che maniera hai usato il linguaggio nel disco? È un po’ più edulcorato rispetto a quello che hai usato in passato!
F
: In “Mr. Simpatia” ho usato le parolacce talmente tanto da renderle innocue. Dopo l’ascolto di un po’ di pezzi quasi non ci si fa più caso. Invece in “Tradimento” le ho usate solo quando andavano usate. La parolaccia genera sempre uno shock, richiama l’attenzione sui concetti e ne sdrammatizza o enfatizza il significato. Sono come dei riflettori che illuminano una frase. Il rap ne ha bisogno, le parole sono la mia immagine. Io cambio e mi evolvo sempre, in questo momento sono sotto la lente di ingrandimento e il mio linguaggio si adegua.
Ma il disco ha anche delle parti più divertenti e spensierate. Ad esempio “Su le mani” va in quella direzione…
F
: Ho voluto esprimere delle altre cose con quel pezzo. Sono più le mie sensazioni personali. Volevo parlare dei live, di come la gente dovrebbe presentarsi per vedere un concerto. Troppe volte ho visto un pubblico che non si prende bene durante gli show e ti guarda imbambolato. Mentre gran parte del successo di uno spettacolo dipende dalla voglia di divertirsi delle persone che vi partecipano. Credo che in fondo questo sia il concetto che riassume meglio l’atteggiamento “da club”, cioè sentirsi parte della stessa cosa nello stesso momento, condividere la musica e le sensazioni. Quindi devi tirare su le mani, poche storie! Spesso le strofe raccontano storie di violenza o di passione, ma sui ritornelli non si può che tirare su le mani!
Invece il singolo “Applausi per Fibra” ha un forte tratto autoironico!
F
: Ho fatto molta fatica ad arrivare fino a questo punto della mia carriera. Non mi sarei mai immaginato che bisognasse sgobbare così tanto. È un vero e proprio lavoro, nessuno viene mai a bussarti alla porta per farti fare qualcosa di interessante. Bisogna mettere in piedi delle situazioni da soli per arrivare a raggiungere piccoli risultati. Per questo mi merito degli applausi.
In questi mesi ti sei chiuso in te stesso, hai preso un momento di riflessione.
F
: Volevo uscire da certe situazioni buie e risolvere un po’ di fatti miei. Mi sono trasferito a Milano, cercando di concentrarmi sul mio lavoro. Se uniamo questo alla claustrofobia e al fatto che nei locali non si può più fumare, troviamo i motivi della mia vita ritirata.
Spesso il rap vive delle ispirazioni che offrono le frequentazioni. Invece il tuo sembra partire tutto dalla solitudine relativa.
F
: Io ho collaborato con molte persone in passato. Mi sono confrontato con molte situazioni, ma non riesco a gestire bene i rapporti umani. Io mi vedo come uno che fa mille gaffes, riesco a mettere in crisi tutte le situazioni in cui mi trovo. La gente che mi conosce da prima di “Mr. Simpatia” mi vede cambiato… per loro sono quasi l’ombra di quello che ero prima!
Ma è come se avessi messo a nudo un lato spaventoso di te stesso?
F
: Sono sempre stato un rapper che ama i giochi di parole. Per un po’ mi sono dedicato a questi, senza rompermi troppo la testa per altre cose. Però c’era sempre questo lato che mi montava dentro, perché fa parte di me. Poi è venuto fuori di getto, come un estintore aperto. Adesso sto ancora cercando di gestire il fiume in piena…
Ti sei fatto produrre il disco solo da Fish e da tuo fratello Nesli: come mai una scelta così radicale?
F
: A Fish è piaciuto molto “Mr. Simpatia”. Ha realizzato delle produzioni che io mi aspettavo, ma le ho trovate calzanti per la mia musica e mi sono piaciute subito. Ci ho messo molto tempo a scegliere il materiale, visto che stavo lavorando assiduamente anche con mio fratello a Senigallia.
Tu e Fish avete caratteri molto diversi, è stato facile collaborare?
F
: Il rap in Italia sta diventando la maniera per esprimere il proprio umore. Non si fa più tanto per dare semplicemente sfoggio della proprio abilità, ma sta diventando sempre più un canale di sfogo emozionale. La mia maniera di farlo è schizo-paranoica! La mia schizofrenia è rispecchiata anche dall’uso di beat più solari, come quelli di Fish. Non abbiamo ricercato dei canoni musicali forzatamente cupi, mi ha dato del materiale su cui ho scritto da subito. In quel periodo tutti mi stavano offrendo delle basi molto tetre e prese male, che a me non piacevano. Scontrarmi con la musicalità di Fish è stato utile per mettere ancora più in luce le mie parole.
Tra i tuoi passati lavori, quali sono quelli che non ti hanno dato il riscontro che secondo te meritavano?
F
: Ho fatto molta altra musica in passato, ho notato che alcune cose sono piaciute, ma serviva uno schiaffo per ricevere l’attenzione dovuta. Nessuno si ricordava il mio nome! Nessuno si ricordava veramente la mia musica. Adesso, con quello che faccio, la gente mi nota di più: fine delle delusioni.
Che cosa si prova a vedere la gente che conosce i tuoi pezzi a memoria e a essere famoso, ma senza avere venduto molte copie del tuo vecchio disco. La gente se l’è passato molto di mano in mano!
F
: Il passaparola è stato immenso, ma quel disco è servito allo scopo! Ha alzato un polverone, mi ha permesso di fare un passo avanti. Purtroppo non ci si può più illudere di vivere grazie alla vendita di un disco, ci vogliono tutte le altre cose che sono di contorno alla carriera di un artista.
Che cosa ti aspetti da questo album?
F
: Mi aspetto che la gente che ascolta quello che faccio capisca che il rap in Italia ha un potere comunicativo enorme! Negli ultimi cinque anni si è creata una forte attrazione sul genere, voglio far capire a tutti che si tratta di una cosa seria. Non siamo figli d’arte, con qualche strada facile da percorrere per arrivare primi in vetta. Mi aspetto che si metta in moto un meccanismo, il quale faccia capire i miei sforzi per far arrivare a tutti quello che ho da dire. Vorrei che la gente capisse che i testi in italiano hanno veramente il potere di fare male. L’hip hop è una cosa che colpisce a fondo le persone, in grado di fare riflettere.
Con che immagine hai intenzione di presentarti al pubblico? In molti hanno sentito la tua musica, ma non tutti hanno un’idea precisa di come sei fatto e di come ti esprimi nella realtà.
F
: Verrà fuori la persona che sono! Io sono un ragazzo che ha difficoltà a comunicare con gli altri, ma da questo punto di vista il rap mi ha salvato. L’hip hop è uno strumento che mi mette in contatto con le persone e permette di esprimermi appieno. Voglio farmi vedere come sono, non come personaggio. Farò vedere la mia faccia e spero sia sufficiente. Sono pronto a dare spiegazioni a proposito di ciò che ho scritto, non penso di venire messo sotto accusa, ma se qualcuno vorrà approfondire sarà un piacere parlarne e, siccome ci ho meditato a lungo, ritengo siano cose che penso sul serio.

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