Quanto c'entra Fabri Fibra nel tuo esordio musicale?
Totalmente. Dopo aver duettato nel brano 'Troppo famoso' mi ha coinvolto nel suo tour. Ed ero molto curioso di vedere con i miei occhi e rendermi conto come funzionava una grande produzione "da major" sia come produzione discografica che tour. Provengo da una lunga formazione urban e devo dire che ne sono rimasto affascinato. Fabri mi ha dato una mano scritturandomi per la sua etichetta indipendente Tempi Duri e poi portandomi in Sony. A dire il vero qualcuno della Sony mi aveva notato già prima e venivano anche in negozio per complimentarsi...
Avevi un secondo lavoro?
Certo. Mi occupo di grafica e con alcune persone abbiamo portato avanti una linea di abbigliamento che ha avuto un discreto successo nel mondo urban.
Come mai nel libretto del disco scrivi "quando la spensieratezza la faceva da padrona e tutto sembrava essere più genuino"?
E' una dedica ai miei amici, quelli che mi seguono dal primo momento. Loro mi accompagnavano alle serate e sia che andava bene che male, me li ritrovavo per una birra. Erano momenti spensierati, certo quando poi entri nel mondo discografico le cose cambiano e subentrano gli stress... Ma va bene così.
Cosa ti ha insegnato Fabri Fibra?
Che la musica non può essere solamente quella che piace a noi e che bisogna trovare un punto di equilibrio con il mondo del business. Detto questo, Fabri è una persona profonda e mi ha dato tantissimo. C'è stata una commozione generale quando abbiamo ascoltato il mio disco finito perché è la radiografia di un percorso musicale fatto assieme. Spero di avergli lasciato anche io qualcosa.
In "Marijuana" canti "sarebbe ora di cambiar legge"...
Denuncio una realtà che c'è, è esistente e che riguarda molte persone che fumano marijuana. Quella frase è una parentesi in un discorso in cui dico che, comunque, bisogna stare attenti e che fa male.
Sembrava più un inno alla legge sulle liberalizzazione delle droghe leggere.
Beh può sembrare un po' radicale come concetto... Ma non voglio fare politica.
C'è anche una canzone che si intitola "Quanti No". Qual è il no che ti fa ancora male oggi?
E' una radiografia di un percorso di vita fatto sino ad ora. Ho fatto sempre tutto da solo: i video, i brani, la grafica del disco. Nessuno mi dava una mano. Poi una serie di circostanze hanno consentito che io fossi qui oggi. Molti ragazzi mi chiedono, sfiduciati, cosa è meglio fare in questo momento. Li incoraggio: bisogna crederci sempre.
Insomma non sei un "prodotto" come ti ha accusato Mondo Marcio?
Proprio il contrario. E semmai era lui il prodotto dal momento che il primo disco era sotto una major e poi era molto 'costruito'...
In che senso?
Ad esempio, cantava del padre che non gli dava i soldi e lo picchiava quando in realtà è uno degli avvocati più famosi di Milano. Ma detto questo, si è voluto creare il personaggio, non lo critico per questo. Però diciamo che io canto la vita vera, cose che mi sono accadute. Lui no.
Sei anche molto ammirato dalle fan, faresti un calendario nudo?
Perché no! Ma deve essere in stile urban, naturalmente...
Totalmente. Dopo aver duettato nel brano 'Troppo famoso' mi ha coinvolto nel suo tour. Ed ero molto curioso di vedere con i miei occhi e rendermi conto come funzionava una grande produzione "da major" sia come produzione discografica che tour. Provengo da una lunga formazione urban e devo dire che ne sono rimasto affascinato. Fabri mi ha dato una mano scritturandomi per la sua etichetta indipendente Tempi Duri e poi portandomi in Sony. A dire il vero qualcuno della Sony mi aveva notato già prima e venivano anche in negozio per complimentarsi...
Avevi un secondo lavoro?
Certo. Mi occupo di grafica e con alcune persone abbiamo portato avanti una linea di abbigliamento che ha avuto un discreto successo nel mondo urban.
Come mai nel libretto del disco scrivi "quando la spensieratezza la faceva da padrona e tutto sembrava essere più genuino"?
E' una dedica ai miei amici, quelli che mi seguono dal primo momento. Loro mi accompagnavano alle serate e sia che andava bene che male, me li ritrovavo per una birra. Erano momenti spensierati, certo quando poi entri nel mondo discografico le cose cambiano e subentrano gli stress... Ma va bene così.
Cosa ti ha insegnato Fabri Fibra?
Che la musica non può essere solamente quella che piace a noi e che bisogna trovare un punto di equilibrio con il mondo del business. Detto questo, Fabri è una persona profonda e mi ha dato tantissimo. C'è stata una commozione generale quando abbiamo ascoltato il mio disco finito perché è la radiografia di un percorso musicale fatto assieme. Spero di avergli lasciato anche io qualcosa.
In "Marijuana" canti "sarebbe ora di cambiar legge"...
Denuncio una realtà che c'è, è esistente e che riguarda molte persone che fumano marijuana. Quella frase è una parentesi in un discorso in cui dico che, comunque, bisogna stare attenti e che fa male.
Sembrava più un inno alla legge sulle liberalizzazione delle droghe leggere.
Beh può sembrare un po' radicale come concetto... Ma non voglio fare politica.
C'è anche una canzone che si intitola "Quanti No". Qual è il no che ti fa ancora male oggi?
E' una radiografia di un percorso di vita fatto sino ad ora. Ho fatto sempre tutto da solo: i video, i brani, la grafica del disco. Nessuno mi dava una mano. Poi una serie di circostanze hanno consentito che io fossi qui oggi. Molti ragazzi mi chiedono, sfiduciati, cosa è meglio fare in questo momento. Li incoraggio: bisogna crederci sempre.
Insomma non sei un "prodotto" come ti ha accusato Mondo Marcio?
Proprio il contrario. E semmai era lui il prodotto dal momento che il primo disco era sotto una major e poi era molto 'costruito'...
In che senso?
Ad esempio, cantava del padre che non gli dava i soldi e lo picchiava quando in realtà è uno degli avvocati più famosi di Milano. Ma detto questo, si è voluto creare il personaggio, non lo critico per questo. Però diciamo che io canto la vita vera, cose che mi sono accadute. Lui no.
Sei anche molto ammirato dalle fan, faresti un calendario nudo?
Perché no! Ma deve essere in stile urban, naturalmente...
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