Una sensazione di malessere chiude l'ascolto di King del rap, ritratto
hip hop di una generazione che sembra aver come sogno solo fare i soldi e
sfoggiare donne come beni di lusso, ma ha ragione il suo autore,
Marracash, quando domanda ai suoi critici: «Voi trovate che oggi ci sia
così tanto da gioire?».
«Oggi la crisi non è più solo economica, ma
delle coscienze», denuncia il rapper milanese, emerso nel 2008 con il
tormentone Badabum cha cha, «c'è una decadenza che va al di là di ogni
immaginazione e un processo per distruggere l'amore, sembra che ce ne
sia sempre meno bisogno, che sia figo mostrarsi cinici e arrivisti
quando siamo soli e tristi come non mai».
Marracash, alla pari di un
collega come Fibra, rischia di essere frainteso: i suoi testi spesso
sono volgari e misogini, ma lui «non c'è, ci fa»: per quanto riguarda le
donne, ad esempio, spiega che «è la cultura che ci spinge a
considerarle come oggetti. Io mi domando solo perché abbiano lottato
tanto per diventare come Belen o la Senicar».
In Sabbie mobili, senza
farne il nome, «Marra» attacca Caparezza, il rapper che denigra il
premier: «Non ce l'ho con lui, ma trovo assurdo che venga visto in modo
più intellettuale di me perché è capellone e vestito male e condanna i
politici per cose che sanno anche i sassi». Per un collega in cui non si
identifica, ce ne sono tanti altri ospiti del suo disco, dai Club Dogo a
Fabri Fibra, da Emis Killa a J Ax.
In un pezzo ispirato ad Amy
Winehouse che ascoltato oggi sembra riferirsi a Marco Simoncelli: «Mi
spiace che sia morto un giovane campione, ma trovo assurdo che la morte
diventi uno spettacolo».
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